photo Claudio Colotti |
Sabato a Macerata si è scritta una delle pagine più importanti della storia della democrazia reale in questo paese: in un piccolo capoluogo di provincia, in una città scossa dall'attacco terrorista fascista del 3 febbraio, in migliaia, almeno 30000, sono scesi in strada per manifestare contro ogni razzismo, fascismo, sessismo. Per le vittime dell'attentato: Jennifer, Gideon, Omar, Wilson, Mahamadou e Festus. Tantissime persone hanno invaso le strade nonostante i tentativi istituzionali di fermare questa manifestazione, nonostante i tatticismi elettorali dei vertici delle grandi organizzazioni della “sinistra” subordinate al Pd.
Insubordinati ad ogni diktat, sia istituzionale che delle grandi organizzazioni nazionali, che hanno perfino dovuto fare all'ultimo minuto un passo indietro a fronte della pressione di migliaia di persone in tutta Italia, e non solo. Determinati a rompere la paura, a contrastare con la presenza nel corteo maceratese il tentativo di Minniti di imporre il silenzio. Un tentativo miseramente fallito.
Insubordinati ad ogni diktat, sia istituzionale che delle grandi organizzazioni nazionali, che hanno perfino dovuto fare all'ultimo minuto un passo indietro a fronte della pressione di migliaia di persone in tutta Italia, e non solo. Determinati a rompere la paura, a contrastare con la presenza nel corteo maceratese il tentativo di Minniti di imporre il silenzio. Un tentativo miseramente fallito.
In questi giorni si è cercato di contrapporre un terribile caso di femminicidio a quanto accaduto sabato scorso, probabilmente la migliore risposta l'ha data Fatima in uno degli interventi conclusivi del corteo: "Una giornalista prima mi ha chiesto: “Cosa ne pensi del fatto che un nigeriano abbia decapitato una ragazza?” Io le ho detto “come donna mi vergogno, non come nera, come donna mi vergogno. I femminicidi riguardano tutte: donne nere, bianche, col velo, tutte. Ci riguardano tutti, la violenza non mi fa paura perché sono nera, la violenza mi fa paura perchè io sono un essere umano".
La manifestazione del 10 febbraio è una storica vittoria: contro tutto e contro tutti si è riusciti a scendere in migliaia in strada sconfessando chi cavalca il clima di paura, a partire dal sindaco di Macerata che invece di esortare la cittadinanza a riprendersi le strade ferite dal terrorismo fascista ha prima equiparato fascismo e antifascismo invitando “al senso di responsabilità” di chi sarebbe dovuto stare a casa, poi ha dichiarato che “i maceratesi non erano scesi in strada” (gli stessi volti dei cittadini maceratesi immortalati da decine di fotografi rendono superflua qualsiasi smentita).
E' stata una vittoria collettiva, costruita insieme alle tante e ai tanti insubordinati che hanno continuato ad inviare appelli e adesioni nonostante le minacce non troppo velate del ministero, ai tanti che si sono rifiutati di cedere a chi dall’alto voleva imporre il silenzio e anche grazie ai tanti, tantissimi maceratesi che hanno riscattato la storia della città partecipando alla costruzione di questa giornata e dimostrando ancora una volta che Macerata è una città degna della tradizione antifascista che porta.
E' stato un corteo potente anche nella forma, un corteo che ha accolto tutte le diversità dei movimenti, dando la stessa importanza ad ogni singola persona presente. L'assenza del palco e il microfono aperto dal camion di apertura hanno testimoniato il linguaggio dell'espressione dei movimenti e non della rappresentanza; hanno permesso di parlare del 10 febbraio non come un punto di arrivo ma come l'inizio di una nuova storia di democrazia, orizzontale, antifascista e antirazzista, pronta a riconoscere le libertà di movimento contro qualsiasi tipo di politiche securitarie.
Che la giornata di sabato fosse stato un successo è stato ancor più evidente nel “day after”, quando leggendo i quotidiani o ascoltando i principali notiziari nazionali si scopre che il tentativo di offuscare la giornata è ancora una volta basato su vecchi ritornelli stantii. Ma fortunatamente tra gli “insubordinati” ci sono stati anche dei giornalisti che non hanno raccontato la giornata per sentito dire, ma sono scesi a Macerata parlando con i protagonisti della manifestazione e respirandone l’aria, dimostrando soprattutto che è possibile fare, anche sull’antifascismo, una narrazione non tossica.
Da Macerata si riparte insomma, non solo su antirazzismo e antifascismo ma su tutte le tematiche che i movimenti hanno posto all'attenzione del discorso pubblico in questi anni.
Con un nuovo linguaggio, nuove pratiche… e in tante e tanti!
Csa Sisma - Macerata
Centri Sociali delle Marche
Ambasciata dei Diritti - Marche
- Alcune gallerie fotografiche della manifestazione