Chi va in montagna sa quanto è importante andarci con le giuste calzature, altrimenti si rischia di scivolare mettendo a repentaglio la propria sicurezza e quella degli altri. Sì perché quando si sceglie “cosa fare e come” bisogna tenere conto del suolo sul quale ci si sposta: questo è vero quando si va in montagna per camminare ma è vero anche a livello economico e sociale, tutti i giorni.
Ieri (martedì 11 ottobre 2016) Della Valle, in compagnia del premier, ha annunciato che aprirà una fabbrica ad Arquata del Tronto per aiutare le popolazioni colpite dal terremoto. Nello stabilimento Tod’s di Casette d’Ete baci, abbracci, strette di mano e tanti complimenti di Renzi al “privato che aiuta concretamente...” eccetera eccetera.
Ma siamo sicuri che una fabbrica sia veramente ciò di cui quel territorio ha bisogno per ripartire? Arquata del Tronto si trova al confine tra il Parco Nazionale dei Monti Sibillini e quello del Gran Sasso, vogliamo una fabbrica di scarpe nel “Comune dei due parchi”? Qual è il modello di sviluppo che il governo ed il capitalismo nostrano immaginano per quei luoghi? Vi invitiamo a controllare dove si trova Arquata, come è fatto il suo territorio, com’è il paese. Ora immaginate una fabbrica di 4.000 mq (stando a quando dichiarato da Della Valle) in quel contesto.
Possiamo capire la situazione di chi abita in quei luoghi e la prima reazione di ottimismo rispetto a questa notizia, ma non possiamo accettarla come scelta condivisibile e lungimirante. Si rischia di costruire l’ennesima cattedrale nel deserto, anzi nel bosco, e temiamo per quella che in futuro potrebbe trasformarsi nella “scusa” per nuove infrastrutture viarie impattanti in quel territorio. Sì perché il modello delle grandi opere è sempre quello: se critichi prima sei solo per il no, se critichi dopo “oramai è fatto tanto vale…”. Già Della Valle questa mattina ha dichiarato: “a Comunanza abbiamo uno storico calzaturificio e con questo di Arquata andremmo a rafforzare la nostra presenza nelle Marche del sud, creando un polo, una rete…”. Chi finirà in questa rete? Forse ci finirà un modello di sviluppo sostenibile legato a turismo e aziende agroalimentari di qualità? O forse ci finirà un territorio che verrà convinto di poter sopravvivere in mezzo alle montagne grazie alle fabbriche?
Da più di un mese si stanno attivando realtà dal basso in completa autonomia per provare a rilanciare il turismo nei luoghi colpiti, per far capire che il territorio è ancora vivo e che le strutture vanno aiutate recandosi a visitare quei luoghi. Sosteniamo queste realtà, i piccoli produttori, non i grandi insediamenti. E’ di qualche settimana fa la notizia della prima casa in legno donata da una ONLUS ad un allevatore poi dichiarata abusiva e fatta rimuovere, probabilmente non rispettava gli standard di un insediamento industriale di 4.000 mq!
Portare avanti attività nelle zone montane dell’Appennino era una sfida già prima del 24 agosto, non crediamo che interventi come quello di Della Valle siano la soluzione, anzi: crediamo che questo provocherebbe altri danni. Nel nostro primo intervento del post terremoto scrivemmo “bisogna fin da subito mettere in moto un meccanismo di controllo e vigilanza dal basso su quel che sarà il meccanismo di ricostruzione”. Forse era troppo facile avere ragione in questo caso.