lunedì 1 luglio 2013

GLI ARTIGIANI DELLA COOPERAZIONE SOCIALE

GLI ARTIGIANI DELLA COOPERAZIONE SOCIALE
Note sul territorio

Una riflessione sul senso politico della nostra presenza al festival Musica Distesa a Cupramontana


La connessione tra territorio e cooperazione sociale è uno dei nodi fondamentali del lavoro politico svolto in questi anni sia dai movimenti sia da alcune realtà impegnate nella valorizzazione del territorio oltre le dinamiche classiche del suo sfruttamento. Nelle Marche, infatti, si sta assistendo ad una aggressione sempre più intensa del suo territorio: dall'Api di Falconara alle centrali a Biogas, dalla Pav fino agli ultimi progetti dei rigassificatori.
L'orizzonte che si delinea non è a senso unico. A tale politica si oppone, infatti, un altro tipo di cooperazione che pone attivamente i diversi soggetti che vivono il nostro territorio nella rimodulazione e nella creazione di un altro territorio. È proprio il caso di alcuni viticoltori che stanno creando il progetto di terroir Marche.
Li abbiamo incontrati questo gennaio al Sisma in una bellissima giornata di discussione e degustazione dei loro prodotti. Li abbiamo incontrati durante la presentazione del libro di Corrado Dottori, edito da DeriveApprodi, Non è il vino dell'enologo. Per comprendere meglio cosa significa tutto ciò cito un passo tratto da questo libro, costruito come un abecedario. Alla voce terroir così Dottori afferma: “Il terroir non è un ideale ma un dato storico mutevole. È suolo e microclima; è vitigno e tecnica colturale; è fatto economico e culturale che segna l'identità locale in modo profondo. Il rischio è che diventi localismo becero e chiuso, quando la sua potenza sta invece nella ricchezza delle diversità, sorta di straordinario meticciato culturale”.
Il terroir non è, quindi, una difesa di un ideale territorio pacificato, utopico, metastorico da preservare, ma un territorio vivo da attraversare e da coglierlo in tutta la sua ricca diversità e potenzialità. Leggendo queste parole si ha la sensazione che non si parli solo di vino, ma di qualcosa di più. Qualcosa che ha a che fare con la propria dimensione di azione sociale politica, concreta e materiale.
Queste parole ricordano quelle che Clausewitz adotta nella descrizione delle caratteristiche che deve avere un comandante: “Dopo aver esaminato le qualità del grande capitano derivanti dalle combinate facoltà dell'intelligenza e del cuore, veniamo ora ad una caratteristica del talento militare che può considerarsi la più attiva se non la più importante [...]. Essa è l'intuito del rapporto che intercede fra la guerra, la regione e il terreno. Questo rapporto esiste innanzitutto, in modo incessante, sì che è impossibile concepire un atto bellico dei nostri eserciti regolari se non in uno spazio determinato.”
Per Clausewitz è di massima importanza avere l'intuito che connette la guerra, la regione ed il terreno, cioè la connessione tra la strategia della guerra e la consapevolezza che la guerra si svolga sempre in uno spazio determinato. Guai se ciò non accadesse: altrimenti non si riconoscerebbe lo spazio in cui si svolge l'azione bellica stessa.
Che sia l'arte della guerra o l'arte del vino, trattato da questo punto di vista il territorio può trasformarsi in un vero e proprio concetto da cui non può prescindere l'azione politica e, di conseguenza, degli scopi che l'azione politica si dà. Vivere un territorio significa comprenderlo nella sua specificità, proprio per poterlo potenziare e valorizzare al meglio.
Cosa è la cooperazione sociale se non questa connessione tra la determinazione e gli scopi politici? Da qui si può vedere una affinità tra il lavoro svolto da quei viticoltori marchigiani che vogliono il riconoscimento del terroir e l'azione politica dei centri sociali che vivono con incantato realismo i propri territori. L'effetto è inserire la propria azione come vero e proprio discorso politico altro, potenziale, potente, creativo. Un vero e proprio artigianato della cooperazione sociale.

Paolo Greco