GLI ARTIGIANI
DELLA COOPERAZIONE SOCIALE
Note sul
territorio
La connessione tra territorio e
cooperazione sociale è uno dei nodi fondamentali del lavoro politico svolto in
questi anni sia dai movimenti sia da alcune realtà impegnate nella valorizzazione
del territorio oltre le dinamiche classiche del suo sfruttamento. Nelle Marche,
infatti, si sta assistendo ad una aggressione sempre più intensa del suo
territorio: dall'Api di Falconara alle centrali a Biogas, dalla Pav fino agli
ultimi progetti dei rigassificatori.
L'orizzonte
che si delinea non è a senso unico. A tale politica si oppone, infatti, un
altro tipo di cooperazione che pone attivamente i diversi soggetti che vivono
il nostro territorio nella rimodulazione e nella creazione di un altro
territorio. È proprio il caso di alcuni viticoltori che stanno creando il
progetto di terroir Marche.
Li
abbiamo incontrati questo gennaio al Sisma in una bellissima giornata di
discussione e degustazione dei loro prodotti. Li abbiamo incontrati durante la
presentazione del libro di Corrado Dottori, edito da DeriveApprodi, Non è il
vino dell'enologo. Per comprendere meglio cosa significa tutto ciò cito un
passo tratto da questo libro, costruito come un abecedario. Alla voce terroir
così Dottori afferma: “Il terroir non è un ideale ma un dato storico mutevole.
È suolo e microclima; è vitigno e tecnica colturale; è fatto economico e
culturale che segna l'identità locale in modo profondo. Il rischio è che
diventi localismo becero e chiuso, quando la sua potenza sta invece nella
ricchezza delle diversità, sorta di straordinario meticciato culturale”.
Il
terroir non è, quindi, una difesa di un ideale territorio pacificato, utopico,
metastorico da preservare, ma un territorio vivo da attraversare e da coglierlo
in tutta la sua ricca diversità e potenzialità. Leggendo queste parole si ha la
sensazione che non si parli solo di vino, ma di qualcosa di più. Qualcosa che
ha a che fare con la propria dimensione di azione sociale politica, concreta e
materiale.
Queste
parole ricordano quelle che Clausewitz adotta nella descrizione delle
caratteristiche che deve avere un comandante: “Dopo aver esaminato le qualità
del grande capitano derivanti dalle combinate facoltà dell'intelligenza e del
cuore, veniamo ora ad una caratteristica del talento militare che può
considerarsi la più attiva se non la più importante [...]. Essa è l'intuito del
rapporto che intercede fra la guerra, la regione e il terreno. Questo rapporto
esiste innanzitutto, in modo incessante, sì che è impossibile concepire un atto
bellico dei nostri eserciti regolari se non in uno spazio determinato.”
Per
Clausewitz è di massima importanza avere l'intuito che connette la guerra, la
regione ed il terreno, cioè la connessione tra la strategia della guerra e la
consapevolezza che la guerra si svolga sempre in uno spazio determinato. Guai
se ciò non accadesse: altrimenti non si riconoscerebbe lo spazio in cui si
svolge l'azione bellica stessa.
Che
sia l'arte della guerra o l'arte del vino, trattato da questo punto di vista il
territorio può trasformarsi in un vero e proprio concetto da cui non può
prescindere l'azione politica e, di conseguenza, degli scopi che l'azione
politica si dà. Vivere un territorio significa comprenderlo nella sua
specificità, proprio per poterlo potenziare e valorizzare al meglio.
Cosa
è la cooperazione sociale se non questa connessione tra la determinazione e gli
scopi politici? Da qui si può vedere una affinità tra il lavoro svolto da quei
viticoltori marchigiani che vogliono il riconoscimento del terroir e l'azione
politica dei centri sociali che vivono con incantato realismo i propri
territori. L'effetto è inserire la propria azione come vero e proprio discorso
politico altro, potenziale, potente, creativo. Un vero e proprio artigianato
della cooperazione sociale.
Paolo Greco